Il Castello del Buonconsiglio, ridotto a caserma nel secolo della Trento austriaca, sotto la guida lungimirante di Giuseppe Gerola, che già nel triennio prebellico aveva promosso un dibattito sul riassetto dei Musei trentini, riprese a vivere nel 1922 con la prima mostra storica di cimeli della Grande guerra, come anticipazione dell’apertura del Museo del Risorgimento. Fu dalle collezioni, destinate al Castello del Buonconsiglio, memorie del “secolo lungo” compreso fra l’età napoleonica e la grande guerra, che prese vita, erede dell’ottocentesco Museo civico di Trento dalle alterne fortune, Il “Museo di Bice Rizzi”, Così chiamato per l’impronta personale datagli da chi ne fu l’anima per mezzo secolo e oltre. Ci volle infatti la saldezza di nervi e la fermezza di carattere di Bice Rizzi per far sì che il Museo del Risorgimento riuscisse ad attraversare sostanzialmente indenne il mare in tempesta del “secolo breve.”
Possiamo dire, senza tema di smentita, che per le vicende che l’hanno coinvolto, il Museo si fece esso stesso storia, e di una storia che è bene venga ricordata.
A smorzare fin da subito le aspettative di più generazioni di trentini, che con spirito mazziniano lungo il secolo XIX avevano coltivato la speranza di vedere il Trentino unito al resto della Nazione italiana entro un’Europa pacificata, il varo del Museo avvenne quando gli echi delle marce fasciste su Trento, Bolzano e Roma giunsero forti alle orecchie di chi era impegnato a costruire il Museo. Associazione, quella del Museo, che presto, con il delitto Matteotti, visse il lungo esilio di voci antifasciste come quella di Oreste Ferrari. Fu negli anni del consolidamento del Regime che Bice Rizzi, con il prezioso sostegno di Ernesta Bittanti, seppe tenere ferme e ben distinte le diverse storie che avevano attraversato il Trentino e il Sudtirolo, mantenendo quell’autonomia culturale che è l’essenza del Museo di Trento. In pieno clima totalitario, con l’allontanamento di Bice Rizzi da Trento, fu corso il pericolo della perdita delle collezioni, pronte in casse da trasferire in Germania.
Con l’avvento della Repubblica, ricostituito il Museo del Risorgimento con l’aggiunta della “Lotta per la Libertà” non finirono per Bice Rizzi, nel frattempo richiamata dal Sindaco di Trento Luigi Battisti al suo ruolo di direttrice, le dure battaglie per la conquista di spazi espositivi per la storia entro le mura del Buonconsiglio. Fu una guerra fra poveri, quella che vide la contrapposizione fra Bice Rizzi, spalleggiata da Ezio Mosna, e il sovrintendente artistico Nicolò Rasmo; guerra conclusasi con Bice Rizzi soccombente e ormai rassegnata. I tempi nuovi, segnati in rapida successione dal protagonismo popolare, dalla contestazione studentesca e operaia, dall’entrata in campo del secondo statuto d’autonomia con il cambio della guardia al Castello fra Stato e Provincia, videro l’azione di Sergio Benvenuti che sempre spalleggiato da Bice Rizzi con la sua “corrispondenza con il Museo” seppe garantire in anni turbolenti il passaggio di testimone nella gestione del Museo.
A chi scrive, entrato nella direzione prima come curatore, per volontà di Livia e Camillo Battisti dell’archivio di famiglia, poi tesoriere e direttore, il compito di favorirne l’apertura alla collaborazione con l’Università, la scuola e il territorio, a partire dalla felice collaborazione degli storici vallagarini. Si è andata così costruendo un’altra storia, già richiamata su Studi Trentini nel 2010, con l’apertura nel 2000 della nuova sede per biblioteca ed archivi nell’ex Cà dei mercanti, la chiusura della sala ostensiva provvisoria delle Marangonerie nel 2002, e la nascita nel 2006 della Fondazione Museo storico del Trentino. Tutti preliminari questi alla realizzazione, sotto la Presidenza di Giorgio Postal e la direzione di Giuseppe Ferrandi, del futuro Museo, delle cui prime sale ostensive è prevista l’apertura a cent’anni dalla nascita del Museo del Risorgimento.